Ero e Leandro. La tragica vicenda è già narrata da Ovidio nelle Eroidi e vi accennano anche altri autori, ma deve la sua fortuna soprattutto a un poemetto di Museo Grammatico del V o VI secolo. Lui si chiamava Leandro ed era un giovane perdutamente innamorato, lei, Ero, una sacerdotessa di Afrodite e pertanto costretta a non potersi unire a lui. Tra di loro non solo c'era un divieto ma un mare. Lui abitava ad Abido, città dell'antica Misia, lei invece era di Sesto, una città del Chersoneso tracico. Il mare che li divideva noto dapprima come Ellesponto, poi come stretto dei Dardanelli, ma per loro fu un mare d'amore, perché ogni notte Leandro attraversava il tratto d'acqua che lo divideva da Ero per potersi unire a lei. Ogni notte la ragazza metteva sulla finestra della torre in cui era rinchiusa e che si affacciava sul mare, una lanterna, come un faro, affinché l'amato non perdesse l'orientamento e non andasse a sbattere contro gli scogli. In una notte di tempesta, però, il vento spense la lanterna, e le onde ebbero la meglio, così che lo sventurato Leandro fu inghiottito dal mare. Il giorno dopo il corpo senza vita del giovane fu portato dalle acque sulla spiaggia di Sesto, dove lo ritrovò con somma disperazione Ero, che, non volendo più vivere senza l'amato, si suicidò gettandosi dalla torre. Il mito viene citato da Virgilio mito nelle Georgiche. Dante cita il mito nel XXVIII Canto del Purgatorio. E poi ripreso da molti, Bernardo Tasso nel 1537, dedica alla Favola di Leandro e d'Ero un poemetto. Nel 1598 Christopher Marlowe scrisse un poemetto “Hero and Leander”, Byron fu talmente coinvolto dalla vicenda che volle verificarne la credibilità attraversando lui stesso l’Ellesponto a nuoto. Il compositore Robert Schumann compose nel 1837 un pezzo per pianoforte, opera 12, il quinto pezzo, In der nacht, è noto perché Schumann ne scrisse: “Dopo averlo finito, ho trovato, con sommo piacere, che conteneva la storia di Ero e Leandro… Mentre suono In der nacht non riesco a liberarmi di quest'idea”. Anche August Von Platen scrisse una poesia sul mito, tradotta da Caeducci nelle Odi Barbare. John Keats scrisse un sonetto intitolato “Su un quadro che raffigura Leandro.” Favria, 8.10.2018 Giorgio Cortese Secondo Sofocle l’opera umana più bella è di essere utile al prossimo. Vieni a donare a Favria mercoledì 10 ottobre ore 8-11,20 cortile interno del comune, abbiamo bisogno di Te!
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