Sgomento, apprensione e preoccupazione. Nel cuore della Casbah, tra gli stretti vicoli di Mazara del Vallo (Trapani), la comunità tunisina è turbata dopo l'attentato di ieri al museo del Bardo Con un bilancio pesante di morti e feriti ancora in evoluzione. "Siamo rimasti tutti colpiti da questo attacco alla democrazia - scuote la testa Mohamed Alì Soualmia , tunisino, rappresentate della comunità straniera a Mazara del Vallo e consigliere comunale aggiunto -. E' stato un gesto contrario anche alla nostra religione. E' stata sfregiata la nostra terra. Organizzeremo una manifestazione contro il terrorismo. Noi vogliamo la pace tra i popoli. Siamo tutti della stessa origine e siamo nella stessa barca". Sono in tanti gli immigrati dal Nord Africa a Mazara che hanno familiari rimasti nel loro paese di origine. "Ma per il momento - aggiunge Soualmia - abbiamo ricevuto rassicurazioni dai nostri congiunti". Nel comune che dista appena 200 km dal Nord Africa dove c'è la più grande marineria del Mediterraneo con il porto peschereccio più importante d'Italia, vi sono oltre 3.500 tunisini su circa 50 mila abitanti che lavorano soprattutto nel settore della pesca e dell'agricoltura. Cifre però non ufficiali e in difetto. Sono infatti in centinaia i clandestini. Ed è per questo che il sindaco Nicola Cristaldi propone di indire "un censimento preciso di tutti gli immigrati residenti e presenti nel territorio per avere la certezza che non ci siano infiltrazioni di gente collegata al terrorismo da realizzare in collaborazione tra la polizie dei vari paesi". Cristaldi chiede anche di "fare piena luce sul ritrovamento di esplosivo avvenuto nei giorni scorsi in un cunicolo del centro storico". "Sono molto preoccupata e sorpresa per quanto avvenuto", dice Hajer Belhaj, tunisina sindacalista della Flai Cgil. Lei, come la stragrande maggioranza dei suoi connazionali, sottolinea che la Tunisia "forse è stata attaccata proprio perché rappresenta quell'Islam moderato che probabilmente è il vero bersaglio dei terroristi. Cosa c'entra la religione - osserva - con la violenza?". Hajer è d'accordo sull'intensificazione dei "controlli nelle coste per prevenire l'arrivo di terroristi", ma spera che "l'Italia continui ad essere solidale ed accogliente con i migranti che scappano dalle guerre e dal terrore perché vittime della violenza". Dello stesso avviso Mohamed, che i suoi amici italiani chiamano Carmelo, commerciante di prodotti e capi di abbigliamento tipici tunisini. Lavora molto nel periodo estivo con i turisti e pensa con preoccupazione al suo Paese ma anche "a quelle persone che hanno perso la vita perché volevano visitare un Museo e che hanno scelto la Tunisia come tappa per le vacanze". "Questo attentato - dice - è un attacco al nostro popolo che ha sì tanti problemi ma che tenta di risollevarsi". "Speriamo - dice con lo sguardo rivolto verso il mare - che quanto avvenuto non interrompa la grande tradizione di solidarietà che l'Italia e la Sicilia in particolare hanno sempre dimostrato con il Nord Africa". La maggior parte dei migranti a Mazara sono arrivati soprattutto sul finire degli anni '60 a causa della pressione demografica in Tunisia e della riduzione della manodopera italiana sui pescherecci. "Siamo convinti che il dialogo attraverso il lavoro sia la risposta più efficace contro qualsiasi forma di estremismo", dice Giovanni Tumbiolo, presidente del distretto produttivo della pesca.
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